Filosofia e Sociologia del Diritto-Julien Freund-Vol.35-
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FILOSOFIA E SOCIOLOGIA DEL DIRITTO
Julien Freund (1921-1993), che ha collaborato a “Behemoth” iniziò a scrivere nel 1967 un libro sul diritto. Ignoro la ragione della sua decisione, ma non portò a termine il progetto. Ci rimangono soltanto una cinquantina di pagine. Questa che segue è la quarta parte dell’Introduzione. Tali pagine, anche se poche, danno l’idea del modo di Freund d’affrontare un tema scientifico. Rinviamo il lettore italiano interessato a Freund a consultare il numero che la rivista “Studi Perugini” gli ha dedicato (anno I° n. 1, gennaio-giugno 1996, pp. 9-220).
Piet Tommissen (#)
Se la filosofia del diritto è una disciplina antica al punto di aver conosciuto le diverse fasi della desuetudine e della rinascita, la sociologia giuridica, più recente, sembra particolarmente in onore ai giorni nostri, malgrado si collochino sotto tale rubrica questioni e discussioni che di sociologico non hanno nulla. Costituisce talvolta un nome comodo per dare al diritto una validità scientifica a poco prezzo, anche se fallace. Alcuni hanno perfino creduto –si tratta soprattutto di giuristi e filosofi positivisti- che potrebbe sostituire la filosofia del diritto.
Nell’insieme, si può constatare che discussioni e ambizioni non sono riuscite ad altro che creare discredito sulla nozione di scienza giuridica e a suscitare confusioni pregiudizievoli alle due discipline , il cui rispettivo contributo agli studi giuridici è sicuramente positivo e fecondo1. Senza voler esprimere l’ultima parola sulla questione, mi sembra utile tentare di definirle ciascuna “dall’interno” e delimitare il campo di loro rispettiva competenza, libero di sollevare contestazioni da una parte o dall’altra. Si tratta quindi, prima di tutto, di fornire qualche elemento chiarificatore di cui ciascuno potrà fare l’uso desiderato.
La filosofia non ha veste per dire il diritto. Si limita ad denotare meglio il di esso ambito nell’insieme delle relazioni umane, a comprenderlo in tutti gli aspetti e profili. Consiste pertanto in una riflessione d’un certo tipo che può caratterizzarsi come quella della libertà dei presupposti2. Ciò significa che, diversamente da attività come la politica, l’economia, la scienza o la pedagogia, non è legata a presupposti necessari e determinanti, perché può prender le mosse da qualsivoglia nozione, il Cogito o la sensazione, lo spirito o la materia, la storia o l’arte per illuminare, partendo dall’angolo visuale scelto, in modo nuovo o inedito, esseri, cose e il mondo intero. Poco importa quindi il punto di partenza della filosofia del diritto, perché sono tutti legittimi e fecondi, in quanto aprono in base a quella prospettiva vie nuove per l’analisi del fenomeno giuridico. Tale punto di partenza può consistere in qualsiasi elemento in rapporto al diritto, per esempio la storia, l’ordine, la decisione o la responsabilità, perché tutti possono di volta in volta introdurci in una nuova visione del diritto. In ragione della libertà dei presupposti, la filosofia del diritto ha il vantaggio di superare ogni unilateralismo ; può tener conto degli aspetti non scientifici come di quelli scientifici, degli elementi teorici o pratici, della morale o semplicemente dell’utilità. La filosofia rifiuta ogni limitazione. Max Weber sosteneva a ragione che un anarchico, per esempio, proprio perché nega il diritto, è in condizione di mettere in questione rapporti giuridici che appaiono falsamente evidenti agli altri giuristi3. Come ogni filosofia, anche quella del diritto è per sua natura problematica. È chiaro che, in questa prospettiva, le filosofie del diritto che si contentano di classificare scolasticamente gli autori che hanno elaborato una riflessione filosofica sul diritto, nelle caselle logore dell’idealismo, del realismo, del positivismo, e così via, non presentano grande interesse. L’importante non è sapere se Kant è stato un’idealista che può classificarsi nella stessa categoria di Hegel, ma d’afferrare il suo modo originale d’affermare la nozione di diritto, di vedere sotto la nuova luce la nozione, la nuova via che ha aperto. Di converso si leggerà fruttuosamente una filosofia del diritto, anche se non fregiantesi di tale titolo ma di quello di Memorie o Ricordi, nel quale un giurista abbia accolto al termine dell’insegnamento tutto il tesoro della sua esperienza intellettuale, soprattutto quando si sforza, talvolta maldestramente, di spiegare come ha colto, in profondità, l’oggetto della sua professione. In altri termini, si trova assai più interessante la lettura dell’ “Esprit des Lois” di Montesquieu, “Der Zweck im Recht” di Jhering, “Uber die drei Arten des rechtswissenschaftlichen Denkens” di Schmitt o anche di un’opera di importanza minore come “Le droit individuel et l’Etat” di Bendant, che la “Filosofia del diritto” di Del Vecchio o la “Rechtsphilosophie” di Radbruch. Senza sottovalutare l’utilità di tali ultimi scritti per gli studenti, dal punto di vista dell’analisi e della riflessione filosofica il loro contributo è modesto.
Non si saprebbe dunque tracciare a priori il contenuto obbligatorio d’una filosofia del diritto e tantomeno prescrivere i temi che deve battere. Può meditare con eguale profitto sull’idea di diritto o sull’esperienza del giurista, su concetti come il delitto, la costituzione o l’obbligazione, su un problema di diritto civile, naturale o canonico, porsi il problema su quali condizioni ricorrano perché il diritto sia tale, o sulle difficoltà della libertà e dell’eguaglianza o, infine sulla diversa attività del giurista come professore, procuratore legale o giudice. In generale la libertà dei presupposti della filosofia non si adatta alla rigidezza della specializzazione, e ciò vale anche per la filosofia del diritto. Esiste un nocciolo arbitrario nella riflessione filosofica, anche quando si presenta in forma di sistema coerente, che è la ragione della sua incontenibile fertilità. La filosofia è informale, perché non è un’essenza o una dialettica. Si mantiene sovrana riguardo a ogni condizione, a ogni nozione e ad ogni presupposto. L’empirismo è una teoria altrettanto valida dell’idealismo, il materialismo o lo spiritualismo (e così via), in quanto gli uni e gli altri ci schiudono gli occhi su certi modi di essere dell’uomo e sui suoi rapporti con gli altri ed il mondo.
Il problema della sociologia del diritto si pone diversamente perché, a differenza della filosofia del diritto, questa è una scienza e, come tale, deve osservare da un lato i presupposti generali di ogni scienza e dall’altro, quelli propri della sociologia, che la distinguono dalla psicologia, la scienza politica, la biologia o la storia, evitando confusioni. Niente mostra meglio del carattere di scienza della sociologia del diritto, che è vano pensare che un giorno potrà sostituirsi alla filosofia del diritto perché il suo statuto è un altro. Esistono concettualmente generi che sono distinti: non ci si guadagna nulla a confonderli, se non riuscire soltanto a screditare la sociologia e la filosofia, a scapito della chiarezza necessaria a ogni riflessione che aspiri alla coerenza. Lo scientismo che crede di poter ridurre gran parte delle attività intellettuali a proposizioni scientifiche non è, alla fin fine, che un imperialismo della confusione e col pretesto di sottolineare la dignità eminente della vocazione scientifica non fa altro che screditarla e degradarla.
Se s’intende definire correttamente la sociologia del diritto, occorre farlo in relazione alla specificità della sociologia come scienza.
A dire il vero la sociologia è una delle scienze recenti non ancora pervenuta a definire chiaramente il proprio statuto. Il suo attuale successo è forse in parte dovuto a questa indeterminatezza, perché si possono classificare sotto la sua denominazione le ricerche più diverse, purchè riguardino in qualche modo la società, anche quando si trovano sulle frontiere di altre discipline. La si inquadra di solito tra le scienze umane, tuttavia, ad osservare attentamente, i risultati conseguiti finora sono per lo più di tipo assertivo che apodittico. Continua ad essere divisa dalla rivalità tra metodo esplicativo e comprendente malgrado che, non potendosi superare tale difficoltà, si adotta un compromesso dichiarando che può far propri entrambi i metodi. Ancora di più, è tuttora fortemente impregnata di filosofia e si può anche affermare che molte opere sono riconducibili più alla filosofia sociale che alla sociologia vera e propria. Ad aprire per esempio il Manuale di sociologia di Cuvilier4 al capitolo sulla sociologia del diritto, si trovano delle concise esposizioni sull’origine del diritto, l’obbligazione giuridica, il contratto, la responsabilità, la sanzione e così via, che troverebbero uguale collocazione in un manuale di filosofia.
In breve le analisi sociologiche in senso rigoroso sono rare. Lo strutturalismo come concepito da Lévi-Strauss, costituisce uno dei tentativi più coerenti di dare maggior rigore metodologico e scientificità alla sociologia; sfortunatamente altri studiosi, come Lacan, Althusser e soprattutto Foucault hanno introdotto confusione abbandonando lo sforzo e facendo credere che un simile problema si lascia risolvere attraverso la trasformazione d’un processo metodologico in dottrina filosofica. Sembra in ogni caso che essendo acquisite le implicazioni della nozione di diritto la sociologia giuridica potrebbe in modo particolare avere benefici dall’analisi strutturale.
Non rimane ai sociologi che farsi carico dello statuto indefinito della loro disciplina. Si può tuttavia affermare in generale che s’occupa più specificamente delle determinanti sociali dei fenomeni umani come delle condotte sociali degli individui all’interno dei gruppi o delle collettività. Occorre però riconoscere in ogni caso che qualsiasi realtà può divenire oggetto di una ricerca sociologica, compresa ad esempio l’utilizzazione della natura da parte dell’uomo, nella misura in cui ha incidenza sull’organizzazione sociale. È un errore credere che ci sono oggetti propri soltanto alla spiegazione sociologica, altri solo a quella psicologica o storica: al contrario, qualsiasi oggetto può essere considerato sotto l’angolo visuale di ciascuna di queste discipline. Ciò nonostante, per motivi che sarebbero troppo lunghi esaminare in questa sede, certe branche della sociologia sono state più sviluppate di altre e hanno originato le specializzazioni attuali, riflesse in manuali e trattati. Si tratta della sociologia politica, della sociologia economica, della sociologia della religione e anche della sociologia del diritto. Non insistiamo sul fatto che i sociologi puri, in generale e fino a tempi recenti, si sono interessati più dei giuristi alla sociologia del diritto. Si può senza dubbio cercarne la ragione in quanto sopra scritto: cioè che non è una scienza giuridica in senso proprio, ma piuttosto una disciplina metagiuridica. Ci sembra più importante definirne brevemente l’orientamento specifico in quanto scienza.
Come la sociologia generale e le sue diverse branche, la sociologia del diritto è una scienza empirica. Il che vuol dire che non è una scienza deduttiva o puramente concettuale, ma di ricerca, perché considera i fenomeni giuridici nel loro contesto spazio-temporale. Così non s’interessa d’analizzare il concetto di proprietà, ma le sue varie manifestazioni nella società storica, sia che si studi l’insieme del fenomeno delle proprietà comparando le diverse società tra loro, sia che si concentri sullo statuto particolare della proprietà in un periodo e in un paese determinato, di guisa da comprendere come esso è stato conformato dalla società o, inversamente come questa è stato determinato da quello: va da se che in queste condizioni, non deve prender partito per o contro la proprietà privata, perché una simile decisione deriva dalle convinzioni politiche o morali degli individui e non dall’analisi scientifica. All’inverso, rientra nei suoi compiti studiare, ad esempio, l’incidenza sociale, i vantaggi e gli inconvenienti che l’uno e l’altro regime proprietario ha prodotto effettivamente nel comportamento sociale degli uomini. Niente impedisce all’uomo politico di utilizzare tali ricerche per elaborare nel miglior modo possibile lo statuto della proprietà, ma il sociologo, come studioso, non ha il potere di deciderlo. Può tuttavia, come tecnico, proporre certe soluzioni o partecipare alla realizzazione del regime scelto da un governo. Malgrado capiti spesso ai nostri giorni che lo studioso sia anche un tecnico, non è tuttavia meno vero che tra scienza e tecnica scientifica la differenza è di natura.
Sul piano della sociologia comprendente il sociologo del diritto s’interessa essenzialmente del comportamento dei singoli di fronte al diritto, perché capita spesso, ad esempio, che una legge o un regolamento siano più o meno osservati. Il suo ruolo sarà di comprendere se sono spesso violati, in modo generale o occasionale e perché; in che misura non li si osservi più di frequente in certi cambiamenti e gruppi sociali e perché; se sono approvati o se suscitano malcontento e in che proporzione; se i cittadini li conoscono o no, che idea se ne fanno e anche che sanzioni occorre adottare. Sul piano della sociologia esplicativa, il suo ruolo consiste nello studiare le determinazioni sociali. Si preoccuperà ad esempio di analizzare le ragioni che hanno indotto il legislatore a preferire un certo testo ad un altro; se ha prestato ascolto alle pressioni sullo stesso esercitate; qual è stato l’effetto cercato, se è stato conseguito e in quale misura il comportamento ne è stato influenzato e il clima sociale modificato, e così via. Tutte queste ricerche possono dar luogo a inchieste, approssimazioni statistiche, individuazione di correlazioni suggestive e così via.
Come si può vedere, il campo dell’investigazione sociologica è immenso, anche per una specialità come la sociologia del diritto. È inutile introdurvi surrettiziamente temi che non hanno che un lontano rapporto con la sociologia vera e propria. D’altra parte non abbiamo enumerato che pochi problemi e questioni; v’è ne sono molti altri. Si può studiare allo stesso modo qualsiasi altro concetto giuridico come l’istituzione, il contratto, la costituzione o anche soltanto un regolamento comunale. Ciò che è fondamentale per la sociologia nel vero senso del termine, è l’analisi delle manifestazioni giuridiche nel quadro di uno spazio e un tempo determinati e non l’esame puramente concettuale di nozioni separate dalla realtà e dai rapporti sociali effettivi. È a questa condizione che l’angolo visuale sociologico non si lascia confondere con quello di altre discipline come la scienza politica, l’economia o la psicologia e che la sociologia è realmente una scienza empirica precisa. Così può definirsi approssimativamente la sociologia giuridica nel modo seguente: è una branca della sociologia che studia il diritto e le sue manifestazioni nei loro rapporti con la società storica in generale o con società particolari o con ambienti determinati concretamente nello spazio e nel tempo.
Julien Freund
(traduzione di Teodoro Klitsche de al Grange)
1 Oltre le note opere di Kelsen, si possono citare i saggi di F. Kaufman “Logik und Rechtswissenschaft” Tubingen 1922, o di F. Schreier “Grudbegriffe und Grundformen des Rechts”. Si troveranno anche spunti nelle opere di Lorenz Von Stein e in “Uber die drei Arten des rechtswissenschaftlichen den Kens” di C. Schmitt, Hamburg 1934.
2 Vedere al riguardo il mio studio su “Sens et Responsabilité de la philosophie” nella “Revue de l’Enseignement philosophique”.
3 Max Veber “Wissenschaft als Beruf”.
4 Non è per nulla nostra intenzione disprezzare tale opera superiore, a mio giudizio al “Traité de sociologie”, pubblicato sotto la direzione di Gurvitsch. Le pagine dedicate alla sociologia giuridica testimoniano semplicemente le carenze, in questo settore, di ricerche positive e solide. Un manuale non può esporre studi non fatti, perché il genere richiede che si riassumano ricerche compiute da altri.
Pubblicazione del: 20-03-2009
nella Categoria Filosofia Politica e del Diritto
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