La costituzione come colpo di stato-Jeronimo Molina-Vol.38-(trad. Bonin - Gianandrea)
Stampa
La Costituzione come colpo di Stato
di Jerónimo Molina
"Non è possibile interpretare una volontà inesistente. Dove non
c'è volontà, anche la più acuta analisi giuridica non deve fare nulla.
Ogni considerazione 'normativa' si esaurisce allora in una inquieta pedanteria."
Carl Schmitt, Dottrina della costituzione, § 3, III, 3
"Il colpo di Stato è un'azione audace e straordinaria confinante con la disperazione"
Gabriel Naudé, Considerazioni sui colpi di Stato, II
Nella sua prima redazione, il Progetto di Trattato con il quale si istituisce una costituzione per l'Europa, presentato al Consiglio Europeo di Salonicco nel giugno del 2003, veniva preceduto da una citazione del discorso funebre di Pericle, pronunciato per onorare i caduti nei combattimenti del primo anno della Guerra del Peloponneso. “La nostra Costituzione… si chiama democrazia perché il potere non sta nelle mani di pochi ma in quelle della maggioranza."1 Oltre a costituire un discutibile mezzo di tecnica costituzionale, tendente a causare in futuro una qualche confusione sulla corretta interpretazione della parte dispositiva del trattato, depista il lettore sul contenuto e sul carattere del Preambolo, perché non è, naturalmente, all'altezza del patetismo di quell'epico riferimento, ricorrente nell'immaginario politico europeo. Pericle si rivolgeva ad una "città qualificata in tutti gli aspetti tanto per la guerra come per la pace", dandone prova "respingendo con coraggio il nemico invasore, fosse barbaro o greco."2 Le virtù di Atene sostengono "lo stesso potere della città, potere che ottenemmo grazie a questa forma di essere."3 Era il destino di quella città "obbligare tutto il mare e la terra a diventare accessibili alla nostra audacia, lasciando dovunque monumenti imperituri dei nostri fallimenti e dei nostri successi."4 "Non fate troppo caso ai rischi della guerra [perché] la felicità si basa sulla libertà e la libertà sul valore."5 Il documento firmato a Roma il 29 ottobre del 20046, risultato di un tormentato processo di negoziazione7, ha soppresso la citazione classica, ma non per questo ha cessato di essere un monumento della pedanteria politica e giuridica.
Anche la scrittura costituzionale ha la sua estetica, le sue regole di stile e la sua precettistica letteraria. In esse si deve manifestare la vera consistenza politica della decisione che istituisce un ordinamento, perché la costituzione non è altro che "una decisione d’insieme sul modo e sulla forma dell'unità politica."8
I
Il modo di pensare realista o machiavellico interpreta la pseudo-costituzione europea come un espediente politico che, sotto l'apparenza di legalità propinata da un diluvio di articoli (448), protocolli, (36) ed allegati (2)9, pretende di effettuare un colpo di Stato, "azione audace e straordinaria […] confinante con la disperazione" secondo la classica definizione di Gabriel Naudé.10 L'illusione costituente, diffusasi tra gli europei da due secoli, alla quale continua a ricorrere imperdonabilmente la retorica politica contemporanea11, deve facilitare nei prossimi anni la riforma degli inefficienti regimi demoliberali o partitocratici che si installarono dopo la II Guerra mondiale, come conseguenza della vittoria degli Alleati. La parola d’ordine dell'eurocrazia è ora, a quanto pare, "La Transizione": dai regimi postdemocratici alla Governance, neologismo che ha cominciato già a polarizzare la lotta politica. In ultima istanza, la politica non smette di essere una contesa semantica, una polemica sui miti12 che mette in discussione la tranquilitas ordinis. Nel modo in cui si risolverà questa lotta, si prefigura il nuovo regime politico.
Secondo queste considerazioni, elemento chiave dell'orizzonte politico europeo, al testo della pseudo-costituzione deve essere attribuita, nonostante la sua insignificanza tecnico-giuridica, la massima importanza politica, perché si presenta in un'ora decisiva. E niente in essa è casuale. Curiosamente, salvo poche eccezioni, la nota predominante nelle esegesi del testo che sono state diffuse, sia quelle critiche che quelle favorevoli, si caratterizzano per il ricorso alle regole convenzionali dell'interpretazione costituzionale. Sono state evidenziate la mancanza di coerenza e di consistenza interne del testo, l'efficacia puramente retorica dei precetti relativi ai diritti umani, l'imperfetta regolamentazione istituzionale della cosiddetta "doppia legittimità democratica" dell'Unione, la insufficiente articolazione di una politica estera e di sicurezza comune. Da un punto di vista puramente ideologico-economico, si è denunciato il disarmo europeo di fronte alla mondializzazione economica (atteggiamento remissivo nei confronti del Diktat del mercato). Parte dell'intelligenza europea si è ribellata anche contro il progetto di omogenizzazione culturale. Più rara è stata la critica politico-costituzionale.13 Da questo punto di vista, si è posto l’accento sulla mistificazione del termine "costituzione", applicato a un Trattato inter-statale il quale pretende di mimetizzarsi con un patto federativo; egualmente, per segnalare un altro esempio rilevante, è stata denunciata l'assenza di ogni invocazione formale ed espressa del potere costituente europeo, al quale tuttavia si ricorre in maniera velata, stabilendo che il testo è stato elaborato dalla "Convenzione Europea" "in nome dei cittadini e degli Stati dell'Europa."14
Comunque sia, l'esame del trattato risulta politicamente imperativo, perché in esso traspare l'ideologia europeista. A quest’ultima bisogna opporre il pensiero europeo che ragiona secondo le categorie del realismo politico-costituzionale.
La critica di questo testo non può procedere secondo la metodologia costituzionale, perché, in tal modo, si altera l’importanza politica che spetta all'europeismo. In realtà, il punto di vista politico15 è lontano dalla pedanteria del costituzionalismo, specializzazione giuridica che ha soffocato le istanze di ogni decisione politica.16 Sotto certi aspetti, il costituzionalismo contemporaneo continua ad essere, come quello ottocentesco, un'ideologia giuridica. Il suo carattere ancillare spiega in buona misura perché si sia sorvolato sugli elementi politici o polemici dello status quo europeo affrontati dalla pseudo-costituzione firmata a Roma.
Dobbiamo riferirci nel prosieguo ad alcuni di essi. In primo luogo, al fatto che: 1) il Trattato di cui ci occupiamo non fonda una comunità politica, perché la volontà di esistere politicamente né è divisibile, né è suscettibile di delinearsi automaticamente partendo da certe premesse economiche, giuridiche o culturali; allo stesso modo, 2) il nuovo Trattato di Roma è una collezione di provvedimenti che istituzionalizzano il tentativo di un colpo di Stato dell'oligarchia europeista; ciononostante, con tutte le sue limitazioni tecniche, il Trattato ha due contenuti politici essenziali: il primo di essi si riferisce al 3) riconoscimento dell'egemonia dell'Asse franco-tedesco, la forza centripeta dell'Europa, ed il secondo alla 4) istituzione della Governance come forma di governo. Lasciando per ultima la nostra indagine sulle vere radici dello statuto politico costituzionale dell'Europa, 5) la decisione costituente del 1941, e 6) la natura retorica e costituzionalmente estranea della glossocrazia17, regime politico del continente il cui espressione canonica è precisamente il verbalismo della pseudo-costituzione di Roma.
II
La volontà politica costituente è sempre affermativa e si manifesta in primo grado, vale a dire in modo diretto e senza equivoci. Carl Schmitt chiama questa manifestazione dell'arbitrio politico collettivo "costituzione positiva"18. Ma in questo senso, la costituzione, intesa come atto dichiarativo del potere costituente sull'esistenza politica della comunità e sulla sua configurazione, poggia sempre sulla finzione che fa apparire per l'occasione il rappresentante dell'unità politica.19 Poiché non c'è costituzione che non presupponga un soggetto politico già costituito. Il nuovo Trattato romano non contiene pertanto i requisiti di costituzionalità positiva previsti da una corretta teoria della costituzione.
Se il Trattato con il quale si stabilisce una costituzione per l'Europa entrasse in vigore in un qualsiasi momento20, ci troveremmo dinanzi a una carta promulgata dai plenipotenziari dei Capi di Stato dei paesi membri dell'Unione Europea. Questo, in contrasto con una critica abbastanza frequente, non può inficiare le sue qualità politiche, perché una Morfologia costituzionale realista ci presenta la "carta promulgata” come una forma trascendentale di costituzione. Ogni costituzione è un dettato dell'élite al potere, perché generalmente è quella che con migliore o peggior titolo rappresenta l’interesse pubblico21. Nel caso di specie, ciò che è davvero importante poggia piuttosto sull'inequivocabile affermazione dell'articolo I-1, secondo il quale "La presente Costituzione […] crea l'Unione Europea". Orbene, l'Unione Europea è una sovrastruttura amministrativa - come si deduce da una prassi già cinquantenaria e da varie parti del testo - che in realtà, come si dirà più avanti, trae la sua causa fondante dal fatto che "gli Stati membri [le] attribuiscono delle competenze per raggiungere i loro obbiettivi". Ma una costituzione non è una dichiarazione sul trasferimento di competenze e di funzioni amministrative; la volontà documentata o presunta del potere costituente deve essere invece riferita agli attributi del comando politico. Perciò, quello che ora si offre alla nostra considerazione è un mero sistema giuridico che vale solo come "dover essere22" e non ha entità esistenziale. Come "sistema chiuso di norme" potrebbe forse costituire un'unità, ma, ricorda Schmitt, "non una unità esistente in concreto, bensì pensata, ideale"23 Per il resto, l'emulazione del potere costituente contenuta nello stesso articolo I-1 è insufficientemente articolata, perché, né si stabilisce che la cosiddetta costituzione nasce dalla volontà dei cittadini europei di dotarsi di una costituzione, né la volontà dichiarata di questi ha contenuto politico alcuno. L'anelito di "costruire un futuro comune” manca di sostanza politica. Viene forse affermata l'indipendenza politica o la grandezza dell'Europa? Né l’Eurabia, né l’Eurasia, né l'Americanosfera escludono un "futuro comune" degli europei, i quali senza dubbio potranno sopravvivere passivamente in uno stato di sudditanza spirituale o militare nei confronti di potenze extraeuropee. Cercheremmo invano una dichiarazione più precisa dell'inconsistente vocazione politica del potere costituente europeo.
Si è già detto che la semplice esegesi costituzionalista conduce l'intelligenza politica ad una via senza uscita. Il suo contributo all’analisi di una politica esistenziale disgiuntiva, la distinzione tra amici e nemici, è oggi nullo.24 I giuristi non sanno come affrontare il concetto di nemico.25 Sospendono in modo volontaristico la loro ostilità e con ciò si perde di vista l'affermazione del tipo di bene che deve essere protetto, non solo di fronte al nemico, ma anche di fronte alla fortuna avversa e all’opera del tempo. La poca chiarezza della pseudo-costituzione nella designazione dei nemici del modo di vita europeo denuncia la carenza di coraggio e di virtù civiche dei politici, incapaci di definire un'identità europea. La discussione sulle radici cristiane dell'Europa, ampiamente neutralizzata dal fatto di non averne nemmeno sfiorato gli elementi essenziali,26 è servita forse per occultare il problema di fondo: la configurazione dell'Europa come una regione astratta, neanche ben delimitata geograficamente, caratterizzata dalla generalizzazione del droitdelhommisme.27
L'Unione Europea, una sorta di insieme istituzionalizzato di istanze, si presenta e si giustifica davanti ai cittadini con una missione da compiere, e cioè: promuovere la pace, il benessere dei suoi componenti ed i "valori dell'Unione”28. Di questi ultimi, alcuni hanno carattere filosofico-politico (con riferimento alla dignità umana, alla libertà, all’uguaglianza), ma altri sono ideologici (diritti umani)29. Viene anche detto che la Democrazia e lo Stato di diritto fanno parte di questo elenco di valori. Non sorprende, a questo punto, la falsificazione intellettuale, perché la democrazia e lo Stato di diritto sono forme o procedimenti di governo e non elementi di valutazione politica.30 È anche obiettivo dell'Unione la "economia sociale di mercato" ed il "pieno impiego", vale a dire, la "dottrina economica" del secondo dopoguerra. Ma tutto questo è politicamente irrilevante nel contesto di una società politicamente neutralista, caratterizzata nell'articolo I-2, dal "pluralismo, la non discriminazione, la tolleranza, la giustizia, la solidarietà e l'uguaglianza tra donne ed uomini". La questione è: perché tanto sforzo per promulgare una costituzione senza contenuto politico, la quale ignora il nemico e non è un vero patto di status federativo? Che cosa nasconde dunque il Putsch romano del 29 ottobre 2004?
III
La spoliticizzazione del Diritto costituzionale si è consumata in poco tempo. La rinuncia a dominare la realtà di ciò che è politico si evidenzia nella sua incomprensione dei fenomeni non tutelati e/o previsti da una norma. Verso tali fenomeni si prova un orrore irrazionale. Il che spiega, in ultima analisi, il timoroso modo di ragionare sul politico, caratteristico dei costituzionalisti.31 La dittatura costituzionale o la nozione del colpo di Stato sfuggono alla loro comprensione. Tuttavia, la sfida tipica dell'ordinamento giuridico-politico, del quale quello giuridico-costituzionale costituisce una parte, si presenta nelle situazioni eccezionali. La necessità non ha legge o procedimento, ma di essa si occupano i giuristi politici o gli studiosi di teoria dello Stato, eredi spirituali dei moderni consiglieri dei principi. Invece, l'organizzazione ordinaria dei poteri pubblici e la loro separazione; le elezioni e lo sviluppo di un sistema elettorale, o il tracciato degli articoli per la riforma costituzionale è alla portata dei costituzionalisti. I primi danno ai governanti costituzioni politiche; i secondi forniscono solo leggi costituzionalizzate.
Lo spirito costituzionalista,che possiede una radice culturale che lo rende proclive all’agnosticismo politico, accetta le costituzioni come un dover essere politico. Queste lo innalzano sopra l’altare della moralità, però allo stesso tempo politicamente sono come lame. Lo spirito costituzionalista non apprezza di queste il marchio decisionista del sovrano32. Davanti ai suoi occhi succede l’imprevedibile, però s’immagina che, nell’una o nell’altra forma, tutti gli avvenimenti corrispondano alle previsioni del sistema, del patron costituzionale. Qualche volta, per questo, l’intento di costituzionalizzare le misure del trattato neonato appare alla maggior parte degli esperti di Diritto costituzionale come una operazione giuridica ordinaria, nella quale il passaggio da uno status politico finito ad un altro che sussegue è un effetto automatico.
Il modo normativista di pensare il diritto non ha percepito con chiarezza l’assalto dell’oligarchia europeista contro il regime politico vigente, diretto nonostante i vizi, al languente Stato-nazione. La peripezia legislativa e pseudocostituente degli ultimi mesi è, in linguaggio militare, un’ “intenzione golpista”. Nel 1639 il bibliotecario Gabriel Naudè diceva che “ tra tutte le questioni della politica [non ce ne è] una meno esaminata e meno discussa né tuttavia più degna di essere studiata di quella dei segreti, o per dirlo meglio, dei colpi di Stato”33 Nonostante il tempo trascorso, molti pochi hanno meditato con rigore su questa realtà sfuggente generalmente associata, durante il Ventesimo secolo, con la pratica dei partiti rivoluzionari e il terrore bianco (colpi controrivoluzionari) e nel secolo anteriore con i colpi di Stato. La dottrina sostenuta da Naudé è ancora più chiara: nelle loro diversità “si deve capire che i [i colpi di Stato] sono stati praticati da tutti i legislatori”34.
Se c’è qualcosa che caratterizza i regimi politici demoliberali degli ultimi settant’anni, questo è il ricorso ai colpi di Stato che utilizza la legalità come appoggio alla mutazione costituzionale. Dalla famosa Legge tedesca delle autorizzazioni del marzo del 1933 fino ad arrivare alla Legge per la Riforma politica spagnola del gennaio del 197735, (ben ispirata dalle lezioni di quella).
Secondo la famosa definizione di Naudé, i colpi di Stato sono “azioni audaci e straordinarie che i principi si vedono obbligati a eseguire come modo per intentare le imprese difficili e quasi disperate, contro il diritto comune, senza guardare nessun ordine né forma di giustizia, rischiando l’interesse dei particolari per il bene generale”36. I colpi di Stato, allo stesso modo delle azioni politiche di genere eccezionale, possono essere giusti o ingiusti, come dire, di diritto politico comune o tirannico, comandati per il bene pubblico o per il bene particolare di chi li compie; fortuiti e casuali o premeditati; difensivi o offensivi; e ancora, semplici o composti 37. Questa enumerazione esaustiva ci presenta il nuovo Trattato romano come un colpo ingiusto, che disprezza la volontà delle nazioni sottomettendola all’interesse particolare dell’oligarchia europeista; ordito con premeditazione e senza lesinare mezzi nella mobilitazione dell’opinione pubblica38; di carattere offensivo, che non cerca la conservazione e tanto meno la crescita; e di natura composta39. Anche se uno degli obiettivi dichiarati della pseudocostituzione è l’impulso alla fusione dei Trattati è stato il Trattato di Nizza tuttavia che ha polarizzato le negoziazioni tra gli Stati membri. Contro questo è stato diretto il colpo di Stato. Oltre che contro le integrità dello Stato-nazione.40
IV
La pseudocostituzione dell’Europa contiene una definizione debole degli elementi politici della civilizzazione europea, che , a differenza di altre, è politica a nativitate. Europa, secondo il preambolo, è il risultato delle alluvioni culturali che si sono sedimentate nella penisola più occidentale dell’Asia. Per i Padri Convenzionali l’Europa è un “continente aperto alla cultura”. Si comprende inoltre che i “valori”, che l’Unione ostenta, siano meramente procedimentali. Questo formalismo fa in modo che appare accettabile una definizione tautologica dell’europeo come qualità; la europeità così si acquisisce automaticamente per il mero fatto della sottoscrizione dei valori neutrali, eccetera. “La Unione è aperta a tutti gli Stati europei che rispettino i suoi valori e si accordino a promuoverli insieme” (art.I-2). Oltre l’elemento politico federativo, in quello militare non si risolve niente di pratico. La retorica degli articoli I-16, I-40, I41 e III-309, per fare solo un esempio, risulta futile, dato che nell’articolo I-5 si stabilisce con chiarezza che l’Unione, impotente politicamente, si impedisce di intervenire in tutto ciò che riguarda la garanzia dell’integrità territoriale degli Stati, l’ordine pubblico e la salvaguardia della sicurezza nazionale. A questo punto la vera quaestio disputata è stata la configurazione della geopolitica continentale.
Il Trattato di Nizza, in virtù della ripartizione dei voti nel Consiglio dei Ministri, rafforzò la posizione di potenze medie come la Spagna e la Polonia, che avevano quasi lo stesso peso politico dei quattro Stati rettori (Regno Unito, Germania, Francia e Italia). Questa nuova situazione rendeva possibile concepire un Grande spazio (Groβraum) continentale di vocazione atlantica , come dire, oceanica. Sebbene questo assunto sembrava avere un seguito per l’atteggiamento adottato dai diversi membri della Unione riguardo alla seconda guerra in Iraq, certo è che l’atlantismo, la risposta al challenge dell’oceano, è una delle costanti della storia europea. Tanto legittima e radicata come la inclinazione tellurica. A questo si riferiva Luis Dìez del Corral quando nel suo grande libro El rapto de Europa distingueva tra i circoli centripeti e centrifughi che equilibravano la struttura politica continentale.41
In ultima analisi la rettifica dello strumento di Nizza presuppone il riconoscimento dell’ egemonia franco-tedesca. Almeno nel mezzo si trova la soluzione preferita dall’élite politica di Bruxelles. C’è da vedere se nei prossimi anni il resto dei membri dell’Unione accetteranno in maniera pacifica che Francia e Germania svolgano la funzione di “centro irradiante di un’idea politica”. In questo modo Carl Schmitt definì la potenza governante o imperiale del Grande spazio.42
V
La pseudocostituzione europea non decide sulla forma di governo dei popoli europei. Tenendo conto del processo di omogeneizzazione politica di cui ha sofferto il continente a partire dalla Seconda Guerra mondiale, dove l’abbattimento della maggior parte delle monarchie europee a partire dal 1919 viene considerato la prima tappa43, forse non apparirebbe del tutto strano che la decisione costituente sul regime politico si fosse evitata. La questione ha una portata più grave, anche se non ci si pone la domanda classica: monarchia o repubblica? Dal momento che nel 1975, in Spagna ebbe luogo l’incoronazione di un Borbone, essendosi compiuta la volontà del Generale Franco, non si è prodotta in Europa un’altra restaurazione. Con tutta probabilità quella spagnola è stata l’ultima delle restaurazioni principesche, chiudendosi così un ciclo che cominciò col ritorno a Parigi di Luigi XVIII nel 1814. Dall’altro lato, tutti i paesi europei, in distinte tappe, si sono mimetizzati con il modello demoliberale imposto dai vincitori della Seconda Guerra mondiale. L’Italia nel 1947 e la Germania nel 1949. Il Portogallo nel 1976 e tre anni dopo la Spagna. Così fino ad arrivare alle ultime costituzioni approvate in Europa orientale. Dopo i tentativi della socialdemocrazia (Third Way) e della destra europea (Centrismo), per infliggere colpi al regime politico dello Stato sociale o del benessere, sembra essersi imposta l’idea che non c’è alternativa al tipo di governo attuale. La pigrizia intellettuale e la stanchezza politica accettano come dato reale la depolitizzazione delle società europee, che si afferma come tutte intente a occupazioni mercantili. Inopinatamente trova attualità il mito di una politica privata di ideologia, lanciato quarant’anni fa da Gonzalo Fernàndez de la Mora44. Di ciò si offre oggi una versione deformata che trasuda sansimonismo e spirito tecnocratico: la chiamano Governance ed è una forma di neodispotismo da rotocalco. Curiosa è la combinazione dell’etica comunicativa di Habermas e della gelosa custodia degli arcani della decisione, separata dal groviglio di reti consultive della democrazia deliberativa e partecipativa (Comitology)45.
La Governance, da una parte espressione di una politica meramente retorica (glossocrazia) è il regime neutralizzatore che nella mente dei costituenti deve sostituire lo Stato nell’amministrazione delle cose. Gli europeisti hanno così reso loro un termine lanciato durante gli anni 90 dalla Scienza politica anglosassone, per designare una nuova maniera di governare e gestire gli affari e la politica pubblica46 . Nel Libro bianco della Commissione sulla Gouvernance européenne , del 25 luglio 2001, si presenta la Governance come una cultura rafforzata da consultazione e dialogo, che utilizza e induce le iniziative delle reti cittadine. Sebbene ci sia un’estetica della politica, di cui la retorica è solo una parte, la depolitizzazione di un simile regime in realtà non dipende dalle trivialità, come la dichiarazione del giorno del 22 settembre: “Giornata senza macchine!”. Quello che sovverte la più elementare gerarchia politica è che i meri principi dell’iter amministrativo, come l’apertura, la partecipazione, l’efficacia, la responsabilità o la coerenza, si proclamino principi politici.
Nonostante il carattere succedaneo o compensativo della Governance ,e la confusione che questa introduce nella concettualizzazione giuridica e politica delle istanze che devono prendere le decisioni, una cosa è sicura: non si può eliminare il comando.47
VI
I costituenti hanno preteso “costituzionalizzare” la Governance negli articoli I-5048 e III-292.2°-h49. A rigore la loro decisione, che complica il testo con incorporazioni ideologiche o scientifiche (o pseudoscientifiche), “decostituzionalizza” l’articolato.
Forse sarebbe una “preoccupata pedanteria”50 affannarsi ad interpretarlo, supponendo che sia presente una volontà inesistente, essendo vuoto di contenuto politico. Al costituzionalismo depolitizzato, la disciplina che coltiva questo tipo di interpretazioni, si deve attribuire di conseguenza, la condizione di genere letterario. La sua giurisdizione semantica si confonde, a volte, con la glossocrazia, con la politica delle chiacchiere inutili. Tuttavia l’indecisione o la non decisione di un’istanza politica non esclude quella di altre, più potenti o risolutive, piuttosto la presuppone. In questo senso l’intento di colpo di Stato dell’eurocrazia dovrebbe stimolare una meditazione realista, nell’intelligenza politica europea, sulla vera costituzione dell’Europa, sopra l’atto politico costituente delle forme di governo istituite sotto il protettorato dei vincitori della Seconda Guerra mondiale.
Winston Churchill e Franklin D. Roosvelt, rappresentanti delle due talassocrazie anglosassoni, riuniti in alto mare il 14 agosto del 1941, dettarono la Carta dell’Atlantico. I Governi degli Stati Uniti e del Regno Unito dichiararono a quei tempi di “rispettare il diritto che hanno tutti i popoli di scegliere la forma di governo sotto la quale chiedono di vivere, e desiderare che siano ristabiliti i diritti sovrani e il libero esercizio del governo a coloro a cui è stato tolto con la forza” (Terzo principio della Carta). Questo decisiva dichiarazione fu imposto più tardi, nel febbraio del 1945, a “ogni Stato liberato d’Europa, ad ogni stato europeo antico satellite dell’Asse” dalla decisione recepita nella Dichiarazione di Yalta sopra l’Europa liberata. Così, almeno in termini politici, la Conferenza di Yalta è l’espressione della decisione costituente europea. Ai suoi disegni risponde il programma di omogeneizzazione politica continentale (instaurazione di regimi partitocratrici), al quale hanno dovuto, primo o dopo, piegarsi tutti gli Stati.
Difensore dell’integrità politica della Germania, contro ogni evidenza Schmitt sostenne che il Trattato di Versailles non faceva parte della costituzione esistenziale della Germania. Nell’articolo 178 della Costituzione del Reich tedesco del 1919 tuttavia si prescriveva che “ Le prescrizioni del Trattato di Pace firmato a Versalles il 28 giugno del 1919 non saranno colpite da questa costituzione”. L’assenza di un Trattato generale di pace nel 1945 e gli scrupoli del costituzionalismo contemporaneo impediscono oggi, a maggiore ragione rispetto al 1919, di cogliere, nella sua magnifica rudezza, la decisione politica conformatrice.
Jeronimo Molina Cano
(traduzione dallo spagnolo di Damiano Gianandrea e Francesca Bonin)
1 Convenzione Europea, progetto di Trattato con il quale si istituisce una Costituzione per l’Europa presentato al Consiglio d’Europa riunito a Salonicco il 20 giugno 2003. Lussemburgo, Ufficio delle Pubblicazioni Ufficiali della Comunità Europea, pag. 5. Vedi Tucidide, Storia della Guerra del Peloponneso, II, 37. Ed. e trad. di F. Romero Cruz. Madrid, Cátedra, 2004, pag. 183.
2 Tucidide, op. cit., II, 36, pag. 182
3 Tucidide, op. cit., II, 41, pag. 185
4 Idem
5 Tucidide, op. cit., II, 43, pag. 187
6 Il processo della convenzione pseudo-costituente, dal richiamo contenuto nella Dichiarazione di Laeken del 15 dicembre 2001 (§ 3 e all. I) fino all’apertura dei procedimenti di ratificazione del Trattato da parte degli Stati membri, iniziato con l’approvazione del Parlamento lituano dell’11 novembre 2004, è stato straordinariamente complesso. Un’analisi dettagliata di questo percorso (successivi emendamenti all'articolato; Dichiarazioni dei Consigli Europei di Salonicco - giugno 2003 - e di Bruxelles - dicembre 2003 e giugno 2004; i lavori della Conferenza Intergovernativa; le risoluzioni delle varie istituzioni dell'Unione), non può essere affrontata in queste pagine; tuttavia, conviene ricordare che le previsioni sulla sua entrata in vigore (1º novembre 2006 o, in mancanza, il primo giorno del secondo mese successivo al deposito dell'ultimo strumento di ratifica), sono rimaste sospese a causa delle mancate ratifiche francese ed olandese, espresse nei referendum del 29 maggio e 1º giugno 2005. D'altra parte, i referendum previsti in Portogallo, Regno Unito, Irlanda, Repubblica Ceca e Danimarca sono stati rinviati sine die. La stessa cosa è accaduta con l'iter parlamentare della ratifica in Svezia, Polonia, Finlandia ed Estonia. La ratifica si è ottenuta in Spagna e Lussemburgo (referendum del 20 di febbraio e 10 Luglio 2005), e in Slovenia, Slovacchia, Malta, Lituania, Lettonia, Italia, Ungheria, Germania, Grecia, Belgio, Cipro ed Austria (iter parlamentare).
7 Risultò in questo determinante il ralliement spagnolo, condizionato dall'atto di guerra del 11 marzo 2004, con la maggioranza sostenitrice di un Trattato contrario agli interessi nazionali della Spagna (cfr. Trattato di Nizza, Protocollo sull'ampliamento dell'Unione Europea, art. 3; Trattato con il quale si istituisce una Costituzione per l'Europa, (TCE), art. I-25). La nazione iberica, insieme alla Polonia, si era opposta alla deroga di quanto pattuito a Nizza sulla distribuzione di voti nel Consiglio dei Ministri e sull’equilibrio del voto maggioritario all’interno di esso.
8 Vedi C. Schmitt, Verfassungslehre, § 3, pag. 45. Traduzione italiana a cura di A. Caracciolo: Dottrina della costituzione. Milano, Giuffré, 1984
9 L’art. IV-442 recita: “I Protocolli e gli Allegati del presente Trattato fanno parte integrante dello stesso.”
10 Vedi G. Naudé, Consideraciones políticas sobre los golpes de Estado. Studio preliminare, traduzione e note di C. Gómez Rodríguez. Madrid, Tecnos, 1998, cap. II, pag. 82. Traduzione italiana: Considerazioni politiche sui colpi di Stato. Traduzione di P. Bertolucci. Torino, Boringhieri, 1958.
11 L’inflazione dei “momenti costituenti” che ha conosciuto la politica dal 1789, ha relegato in secondo piano gli eventi delle “fondazioni politiche”. L’ultima di queste fondazioni in grande stile è stata la Repubblica Nordamericana nel 1776.
12 Il Nuovo Principe, il Leviatano, la Democrazia, lo Stato totalitario, ecc. E inoltre Europa, il grande mito ancora operante, il quale trae la sua origine dalla Riforma.
13 Così, ad esempio, tra i giuristi politici: Carlos Ruiz Miguel, “Analisi della pseudo-costituzione europea”, in www.gees.org/articulo/1072/
14 Preambolo del TCE.
15 Su questo argomento J. Molina, Julien Freund, lo político y la política. Madrid, Sequitur, 2000, pagg. 59-80. Trad. Italiana: Julien Freund e la genealogia del Politico. Trad. L. Arcella. Roma, Settimo Sigillo, 2006 (in corso di pubblicazione).
16 Nell’accademia spagnola sopravvive l’idea, sia pure molto maltrattata, che vi sia un “Diritto politico” la cui funzione di ordinamento dell’organizzazione politica non si esaurisce in una mera dimensione tecnica del “Diritto costituzionale”. Quest’ultimo è una parte del primo, la cui connotazione è l’integrazione globale dei saperi politico-giuridici
17 Diceva G. Fernández de la Mora che “la glossocrazia o Stato retorico […] si contrappone allo Stato delle opere. Vedasi il suo libro El Estado de obras. Madrid, Doncel, 1976, pag. 29.
18 C. Schmitt, op. cit., § 3.
19 Sulla natura della finzione costituzionale: Nicolás Pérez-Serrano, “Las ficciones en el Derecho constitucional”. Madrid, Real Academia de Jurisprudencia y Legislación, 1948.
20 Il che sarebbe assai improbabile. Si veda supra alla nota 6.
21 La teoria del momento costituente della sovranità non è differente, su questo punto, dalla giustificazione del diritto divino dei re. Sulla rappresentazione dell’aspetto pubblico come contenuto dell’azione politica: J. Molina, op. cit., pagg. 110 ss. Cfr. C. Schmitt, op. cit., § 8, II, 3, pagg. 98-99.
22 Vedi C. Schmitt, op. cit., § I, II, 1, pag. 33.
23 Vedi C. Schmitt, op. cit., § I, pag. 29.
24 Una delle proposte di riforma dell’art. I-4 discussa nelle sessioni della Convenzione, era quella presentata dal Cattedratico di Diritto costituzionale Diego López Garrido, il quale pretendeva l’introduzione di un punto 1 bis il cui primo paragrafo affermasse che “L’Unione Europea rinuncia alla guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti”. Sicuramente, questo non è stato il più pittoresco tra gli emendamenti respinti.
25 Vedi C. Schmitt,Der nomos der Erde III 2 b). Traduzione italiana a cura di Franco Volpi. Traduzione e postfazione di Emanuele Castrucci. Milano, Adelphi, 1991.
26 Vale a dire, l’affermazione di un modo di vita e il rifiuto di tutto ciò che lo nega
27 La predisposizione dell’Unione a estendere la sua organizzazione a regioni confinanti geograficamente (Turchia, Marocco), ricorda la naturalizzazione romana dei barbari, chiaro segno di debolezza dell’impero.
28 TCE, art. I-3.1.
29 TCE, art. I-2.
30 Cosa differente è che la democrazia operi come “valore” suscettibile di giustificare una guerra globale nel Nuovo Ordine Internazionale. Vedasi infra, nota 41.
31 Le loro cautele sono tuttavia curiose, perché, al medesimo tempo, sponsorizzano una concezione strumentale del diritto che permette loro di giustificarne interpretazioni arbitrarie o contra legem. Tale è la qualità del costituzionalismo della socialdemocrazia accademica. Un buon esempio: Gustavo Zagrebelsky, El Derecho dúctil. Ley, derechos, justicia. Traduzione di Marina Gascón Abellán. Epilogo di Gregorio Peces Barba. Madrid, Trotta, 1997.
32 Il costituzionalismo ha inoltre una doppia misura, che applica condizionatamente ai diversi regimi politici, a seconda che siano considerati buoni o cattivi secondo la dottrina demoliberale. Esempio di ciò è il diverso apprezzamento che si fa dell’opera politica costituente di Franco (Dittatore vitalizio della Spagna), e di De Gaulle (Dittatore pro tempore della Francia). Vedasi J. Molina, “Franco e De Gaulle”, in Razòn espanola, n° 132, pp.31-54.
33 Véase G. Naudé, op. cit., I, p.39.
34 Véase G. Naudé, op.cit., II, p.93.
35 Vedasi C.Schmitt, “La rivoluciòn legal mundial……”in Revista de Estudios Politicos, n°10, 1979, pp.5-24.
36 V. G. Naudé, op. cit., II, p. 83
37 V. G. Naudé, op. cit., II, pp. 92-96, e II,pp99 sq
38 L’ establishment europeo preferisce, come si sa, ripetere i referendum fino a che non si raggiunga un 50’01% di votanti nel collegio elettorale.
39 Naudè dice dei colpi di stato che “sono preceduti o seguiti da altre azioni o colpi”, op. cit., II, p.94
40 L’impatto della pseudocostituzione europea sulle costituzioni nazionali è enorme, poiché senza sottomettersi al procedimento ordinario di revisione, previsto dalle costituzioni stesse, si vedono de facto sovvertite. Questo smembramento costituzionale degli Stati-nazione può rafforzarsi su scala regionale in alcuni paesi per la stessa dottrina giuridico-costituzionale: quello della riforma insidiosa o occulta della Magna Carta. Il banco di prova di questo nuovo tipo di ingegneria politica (il postcostituzionalismo) è lo “Stato autonomico” spagnolo. La sua consistenza politica politica interna è minacciata non solo dal Trattato pseudocostituzionale, ma anche dalla riforma della Legge Organica dello Statuto della Comunità Autonoma della Catalogna. Il suo inoltro parlamentare, attualmente in corso, cela una riforma costituzionale, in quanto nel suo 1° articolo si stabilisce che “la Catalogna è una nazione”, ciò che deroga il 2° articolo della costituzione spagnola del 1978 e amputa la sovranità nazionale.
41 Le potenze centripete, epirocratiche o telluriche definiscono un asse Parigi-Berlino-Mosca. In cambio le forze centrifughe, talassocratiche o Oceaniche si ordinano in un quadrilatero Londra-Madrid-Varsavia-Roma. Il renversement des alliances di Madridsostanzialmente non altera il paesaggio, dato che in ultima istanza la diplomazia cede sempre di fronte alla posizione geografica. Su i circoli centripeti e centrifughi di Europa: L. Dìez del Corral, El rapto de Europa, in Obras completas. Madrid, Centro de Estudios Constitucionales, 1998, t. I, pp. 743-746. Cfr. Alain de Benoist, “Paris-Berlin. Moscou: l’axe qui fait trembler Washington”, in Eléments, marzo-maggio, 2004.
42 Vedasi C. Schmitt, Volkerrechtliche Groβraumordnung mit Interventionsverbot für raumfremde Mächte, in Groβraum, Staat, Nomos. Arbeiten aus den Jahren 1916-1969. Edizione di Günter Maschke. Berlino, Duncker u. Humblot, 1995, pp. 295-296.
43 Su questo si può consultare Hans Hermann Hoppe, Democracia, monarquìa y orden natural. Una visiòn austriaca de la era americana. Madrid, Gondo, 2004.
44 Vedasi Gonzalo Fernàndez de la Mora Il crepuscolo delle ideologie. Nuove Idee, Roma 2005.
45 Sulla riforma partecipativa dei regimi demoliberali: J. Molina, “Rapresentaciòn, asociaciòn, participaciòn”, in Anuario Filosofico, XXXVI, n° 1-2, 2003.
46 Sul supposto pedigree del vocabolo si può vedere l’informazione elaborata dalla traduttrice Corinne Huynh-Quan-Suu, che giustifica la sua incorporazione al gergo europeista: http://europa.eu.int/comm/governance/docs/doc5_fr.pdf
47 Esiste una grande confusione, moltiplicata nel XX secolo da Carl Schmitt, sul concetto di sovranità. La celebre innovazione giuridico-politica di Bodin è solo una delle formule che sono state abilitate per dare forma al potere politico; detto in altro modo: la risposta del modo di pensare statale statale o moderno al proteico carattere del comando. Risulta infondata, dall’altro lato, la presunzione che la sovranità sia l’elemento che sostiene la forma politica statale; se qualcosa caratterizza e distingue lo Stato dalle altre forme politiche questo è la neutralità. Così la crisi storica della statalità non è un problema delle sovranità che diminuiscono, bensì la perdita della neutralità dello Stato.
48 “A fine di promuovere un buon governo e di garantire la partecipazione della società civile, le istituzioni, organi e organismi dell’Unione attiveranno con il maggior rispetto possibile il principio di apertura”.
49 Le politiche comuni dell’Unione devono “promuovere un sistema internazionale basato sulla cooperazione multilaterale solida e su un buon governo mondiale”.
50 Vedasi C.Schmitt, Teorìa de la constituciòn, § 3, III, 3, p.57
Pubblicazione del: 20-03-2009
nella Categoria Altri
« Precedente
Elenco
Successiva »
Titolo Precedente: Le ragioni di Creonte-T.Klitsche de la Grange-Vol.38-
Titolo Successivo: Sulla giustizia-E.Forsthoff-Vol.37-