DIQUISIZIONE SUL GOVERNO-Joh C. Calhoun-(T.Klitsche de la Grande)-Vol.-51-   Stampa questo documento dal titolo: . Stampa

Disquisizione sul governo,

John C. Calhoun,

Liberilibri (www.liberilibri.it), Macerata 2011, pp. XCV + 102, € 16,00.

Scrive Luigi Bassani nell’accurata introduzione “Il lettore italiano si trova fra le mani un gioiello della scienza politica vecchio di oltre centossessant’anni, un’opera che sta al fianco dei grandi capolavori dell’ingegno umano e che è il prodotto più sofisticato dell’Ottocento americano. Ohibò – esclameranno i nostri venti e colti lettori – non ne avevo mai sentito parlare”. In effetti chi scrive ne aveva sentito parlare (o meglio letto chi ne aveva scritto) ma questi erano pochissimi e tutti “addetti ai lavori”.

L’interesse che suscita la traduzione di Calhoun (che ci auguriamo presto seguito da altre) è dovuto almeno a tre ragioni.

La prima è che fa parte di quel modo di affrontare Stato e costituzione tipico di un’epoca in cui non erano stati rigidamente (e “scolasticamente”) scissi politica e diritto pubblico, con gran beneficio per entrambi, ma soprattutto per il secondo che così non rischiava (come poi spesso capitato) di perdere senso e collegamento con la realtà politica e talvolta con la stessa (più importante) problematica della materia che regola (fino a un certo punto, ma questa è nella logica delle cose).

La seconda è collegata al rapporto con la realtà economica; ovvero che Calhoun “fosse una sorta di «Marx rovesciato», in quanto aveva in comune con il filosofo di Treviri il senso della storia come lotta irriducibile fra i vari interessi economici, salvo prendere apertamente le parti dell’aristocrazia sudista, la master class”, come scrive Bassani nell’introduzione, citando Hofstadter.

L’uno e l’altra fanno si che Calhoun, morto nel 1850, avesse previsto il prossimo scoppio della guerra di secessione: logica conseguenza dei problemi costituzionali ed economici rimasti irrisolti, e che, non potendolo essere col diritto, lo sarebbero stati con la guerra (come scriveva de Maistre, “laddove non c’è sentenza c’è battaglia”).

L’approccio di Calhoun semplifica e chiarisce l’accesso alla problematica costituzionale, in dello Stato federale.

Il primo quesito posto dall’assetto federale degli U.S.A. è se sovrani sono gli Stati ovvero la “struttura” federale. Se, come argomenta Calhoun, la Costituzione è un “contratto” tra Stati, e il potere di revisione costituzionale è rimesso alla ratifica di una larghissima maggioranza degli Stati, conseguenza della sovranità statale (e non federale) è che uno Stato abbia il diritto di non applicare, perché nulla, la legislazione federale (nullification) e anche di secessione, se non è altrimenti componibile il dissidio con la federazione.

Il tutto poneva il problema, percepito in Europa, se la Federazione fosse realmente uno Stato sovrano. Due grandi pensatori europei, contemporanei di Calhoun se lo erano posto: Hegel e Tocqueville. Secondo il filosofo, l’America era uno Stato “tuttora in divenire è uno Stato federativo: ma questi, per quel che concerne i rapporti con l’estero, sono gli Stati peggiori” e ricorda la guerra con l’Inghilterra, considerata anche da Tocqueville, in cui quattro Stati non avevano mandato truppe a combattere gli inglesi. Nel caso d’eccezione per antonomasia, cioè la (dichiarazione di) guerra la federazione era partita zaino in spalla e il New England era rimasto a casa. Per cui Hegel concludeva che l’America non è uno Stato “finito” come compagine politica, perché il processo di “formazione dei suoi momenti elementari è ancora in corso”. A concluderla, sull’essenziale problema della sovranità, furono le cannonate nordiste a Gettysbourg.

Come scriveva Tocqueville “è in guerra che si rivela, nel modo più visibile e pericoloso, la debolezza di un governo; e ho mostrato come il difetto inerente ai governi federali sia appunto quello di essere molto deboli”; il guaio è che ciò era originato proprio da controversie costituzionali. “All’epoca della guerra del 1812, il Presidente ordinò alle forze militari del Nord di portarsi verso le frontiere; il Connecticut e il Massachussets, i cui interessi erano danneggiati dalla guerra, rifiutarono di inviare il loro contingente. La costituzione, essi dissero, autorizza il governo federale a servirsi della milizie territoriali in casi di insurrezione o di invasione; ora, nel caso presente, non c’è né insurrezione né invasione. Aggiunsero poi che la stessa costituzione, che dava dell’Unione il diritto di chiamare le milizie in servizio attivo, lasciava agli Stati il diritto di nominare gli ufficiali; ne derivava, secondo loro, che anche in guerra nessun ufficiale dell’Unione aveva il diritto di comandare le milizie”.

E Tocqueville prosegue: “Queste teorie assurde e distruttrici ricevettero non solo la sanzione dei Governatori e del corpo legislativo, ma anche quella delle Corti di giustizia di questi due Stati”.

Questo rapido confronto tra la più nota delle tesi di Calhoun e le opinioni dei due pensatori, pone un problema, acutamente visto dagli europei: se i poteri federali erano così limitati, e non ci fossero state quelle cannonate decisive per interpretare la Costituzione, gli USA avrebbero avuto mai il destino imperiale che la Storia del XX secolo ha loro riservato?

Sicuramente non è possibile svolgere guerre o anche missioni militari ai quattro angoli del pianeta se non si ha un grosso esercito federale (e i mezzi economici per armarlo ed equipaggiarlo) e non si può contare sulle forze armate statali perché guerre e missioni militari in continenti lontani non sono riconducibili né ad insurrezioni né ad invasioni.

L’altra idea di Calhoun (tra le molte che il lettore può trovare nello scritto), cioè quella della “maggioranza concorrente” è contraria all’evoluzione degli Stati federali basati sul principio democratico, come notato da Carl Schmitt. Scrive il giurista tedesco “Nella stessa misura in cui avanzava la democrazia, diminuiva anche l’autonomia politica degli Stati membri. negli Stati Uniti d’America questo sviluppo inizia con l’approvazione del popolo nei singoli Stati (in opposizione addirittura a questi Stati) della costituzione federale... Le teorie federalistiche di Calhoun (per gli Stati Uniti d’America) e di Marx von Seydel (per il Reich tedesco) sono perciò superate non perché – considerate secondo i giusti concetti del diritto federale – fossero in tutto false, ma perché lo sviluppo democratico e in particolare la conseguenza democratica della rappresentazione di un popolo unico e indiviso all’interno di una federazione nazionalmente omogenea doveva condurre all’unità statale”; tuttavia “se si riconosce questo, anche ciò che in quelle teorie federali rimane esatto può essere di nuovo tranquillamente apprezzato e utilizzato nella dottrina della costituzione”.

Teodoro Klitsche de la Grange



Pubblicazione del: 15-05-2012
nella Categoria Recensioni


« Precedente   Elenco   Successiva »


Titolo Precedente: LA GUERRA DEMOCRATICA-MASSIMO FINI-(T.Klitsche de la Grange)-Vol.-51-

Titolo Successivo: TECNICA DEL COLPO DI STATO-CURZIO MALAPARTE-(T.KLITSCHE DE LA GRANGE)-Vol.-51-

Elenco Generale DIQUISIZIONE SUL GOVERNO'Joh C. Calhoun'(T.Klitsche de la Grande)'Vol.'51'