EFCHARISTIES ELLADA-Teodoro Katte Klitsche de la Grange   Stampa questo documento dal titolo: . Stampa

EFCHARISTIES ELLADA

La vittoria – attesa – di Tsipras in Grecia è l’ultimo (in ordine di tempo) sintomo che i popoli europei non sopportano più i metodi di gestione della crisi, peraltro sospetti di essere messi in opera – almeno in diversi casi – da chi non era estraneo ad aver provocato la stessa. Il tutto fa seguito alle grandi affermazioni del front national in Francia, del Movimento 5 Stelle in Italia, ed alla crescita generale dei partiti anti-sistema. Ciò si presta ad alcune riflessioni di carattere generale. La prima: viene meno il continuum – e la contrapposizione - destra-sinistra, che ha condizionato la vita pubblica (e i sistemi politici) dalla Rivoluzione francese in poi, ancor più nel secolo breve. La quale si fondava sull’identificazione del nemico secondo la scriminante di classe: per il proletario il nemico era il borghese e viceversa. Crollato il comunismo tale dicotomia ha perso senso. In conseguenza, secondo una regolarità della politica, s’identifica un nemico nuovo; onde la vecchia opposizione perde d’intensità. Prova di ciò è la diversità ideologica dei partiti che guidano, nei rispettivi paesi, la lotta: un partito di (estrema) destra in Francia, uno di (estrema) sinistra in Grecia, un movimento non iscrivibile nella vecchia dicotomia e guidato da un comico in Italia, oltre a diversi partiti regionalisti o genericamente di protesta in altri paesi. Sono frequenti i casi in cui due partiti opposti (come per la Grecia Syriza e “Alba dorata”) indicano lo stesso nemico. Tutti quindi uniti dall’avversione al nemico “nuovo” quanto diversi e addirittura opposti secondo la vecchia contrapposizione. La seconda è che i sistemi politici si stanno nuovamente polarizzando. La corsa verso il centro pare arrestarsi e si va profilando un aumento delle “estreme”, con la novità (relativa) che convergono (o tendono a convergere, diversamente da quanto accadesse in passato. Non essendoci (o essendovi, ma più debole) una scriminante ideologica, ma essenzialmente di interessi, la (parziale) coincidenza di questi fa si che la contrapposizione “ideale” sia relativizzata. Come è stato per gran parte delle ragioni di ostilità tra unità politiche nella storia: alleanza e inimicizia erano determinate meno dalle affinità ideologiche che dalle opposizioni ideali: i cristianissimi Re di Francia concertavano la loro politica coi Sultani di Costantinopoli per contenere il primato politico degli Asburgo (di Spagna e di Austria). Ambedue i re cattolici (di Francia e Spagna) usavano le minoranze protestanti nei domini dell’altro per indebolirne il potere e l’azione politica. La seconda guerra mondiale fu vinta da una coalizione composta da due potenze capitalistiche e una comunista. Alleanza tanto ideologicamente eterodossa quanto imposta dal comune intento di contrastare le potenze dell’Asse. Piuttosto il nemico diventa interno/esterno, un po’ come quello delle guerre partigiane, condotte contro una potenza esterna e i di essa collaborazionisti (interni); anche se la lotta non ascende al livello della guerra tradizionale, neppure di bassa intensità (ossia resta lotta ma non guerra). Si veda anche per il caso di Monti in Italia come il governo del professore fosse diffusamente percepito quale collaboratore subordinato di un potere esterno; per cui questo e quello sono considerati estranei, e di dubbia- o assente- legittimità. Proprio il caso di Monti è emblematico: l’estraneità del quale al “circuito” democratico è stata corroborata dei modestissimi risultati ottenuti nelle competizioni elettorali successive: dal 10% alle politiche del 2013 (peraltro quasi tutto da ascrivere ai partiti facenti parte della coalizione montiana come l’UDC, i finiani e così via) al microscopico 0,7 % delle europee del 2014. Anche nel caso della Grecia, anche se meno evidente che nel caso italiano, i risultati del Premier uscente Samaras sono stati largamente inferiori a quelli delle precedenti elezioni parlamentari (-6%); occorre tuttavia notare che, diversamente da Monti, Samaras era stato regolarmente designato dal corpo elettorale, e quindi aveva un “capitale” di consenso, che mancava al nostro. La terza riflessione è che il nemico ha, da sempre, una funzione di ricompattamento dell’unità politica. Lo scriveva – tanto per restare in Grecia – già Eschilo nelle “Eumenidi”: “E scambio ci sia di gioie nella comune concordia; è unanime odio ai nemici: delle molte calamità unica medicina è questa ai mortali”. La comunità politica prende coscienza di se stessa e supera le divisioni interne allorquando percepisce l’esistenza di un nemico la cui diversità (interessi, visione del mondo, e così via), fa apparire secondarie le differenze interne d’opinioni ed interessi. Anche se nel caso contemporaneo il “nemico”, non è uno Stato ma qualcosa d’altro (poteri forti, euroburocrazie e così via). Tuttavia ha sempre l’effetto di distinguere chi fa parte della comunità politica e chi ne è estraneo, interno ed esterno. La convergenza di forze politiche d’origine così diversa ne è una conferma. D’altra parte, in un periodo storico come l’attuale, dove lo Stato ha perso il monopolio del “politico” e la guerra è condotta per lo più da non-Stati come movimenti partigiani a carattere etnico o religioso, partiti politici, bande armate, sette e così via, limitare agli Stati la qualità di nemico è una concezione irrealistica. È la capacità di condurre una lotta efficace (fino alle guerre tradizionali) che determina il nemico e non la qualificazione giuridica. La quarta: scrive Schmitt che l’importante, in politica, è individuare il nemico reale; un errore su chi sia può portare alla dissoluzione di uno Stato, o alla perdita del potere da parte del capo e/o dei ceti dirigenti “dovunque nella storia politica, di politica estera come di politica interna, l’incapacità e la non volontà di compiere questa distinzione appare come sintomo della fine politica”. Combattere contro nemici immaginari, peraltro è dannoso, perché serve solo ad occultare l’esistenza e le trame del nemico reale. E ciò in un paese fondamentalmente anticomunista e segnato, nel dopoguerra, da una sanguinosa guerra civile aver dato il potere ad un esponente di estrema sinistra non appare, come sarebbe sembrato mezzo secolo orsono, un errore fatale ma un atto di esatta percezione politica della concreta realtà attuale (e dei relativi rapporti). Perciò occorre ripetere: grazie, Grecia. Teodoro Katte Klitsche de la Grange



Pubblicazione del: 15-06-2015
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